Perché in Italia i cavalli finiscono ancora al macello (e cosa possiamo fare per fermarlo)

Perché in Italia i cavalli finiscono ancora al macello (e cosa possiamo fare per fermarlo)

Perché in Italia i cavalli finiscono ancora al macello (e cosa possiamo fare per fermarlo)

In Italia il cavallo viene spesso percepito come un compagno, un atleta o un simbolo di libertà. Eppure, ogni anno, migliaia di cavalli vengono destinati al macello. È una realtà poco conosciuta, spesso nascosta dietro procedure burocratiche, costi di gestione e carenze legislative.
Comprendere come questo accade è essenziale per capire cosa possiamo fare per impedirlo.


1. Il cavallo in Italia: animale da affezione o “animale da reddito”?

In assenza di una legge nazionale che riconosca il cavallo come animale d’affezione, in Italia esso viene ancora classificato come “animale da reddito”.
Questo significa che, a livello legale, un cavallo può essere macellato e inserito nella filiera alimentare, esattamente come bovini e suini.

Esiste comunque una distinzione nell’anagrafe equina:

  • DPA (Destinato alla Produzione Alimentare) → può essere macellato.
  • NON DPA (Non destinato a uso alimentare) → non può essere macellato.

Il problema è che la classificazione può essere scelta dal proprietario e, in alcuni casi, modificata nel tempo. Questo lascia spazio a situazioni ambigue o abusi.


2. Perché un cavallo viene mandato al macello?

Non si tratta solo di crudeltà. Spesso la macellazione è l’“ultima via” in un sistema che non offre alternative. Le cause principali sono:

• Costo di mantenimento elevato

Un cavallo può costare tra 300 e 500 euro al mese per cibo, box e cure veterinarie.

• Fine della “carriera”

Cavalli usati nello sport, nel turismo o nella trazione, una volta “non più produttivi”, vengono considerati un peso economico.

• Mancanza di rifugi

In Italia ci sono pochissime strutture autorizzate ad accogliere cavalli sequestrati, abbandonati o ritirati dal lavoro. I posti disponibili sono limitati.

• Proprietari che rinunciano alla custodia

Chi non riesce più a sostenere le spese spesso non trova alternative.


3. Le lacune del sistema normativo

Le leggi italiane ed europee permettono la macellazione dei cavalli, ma esistono scappatoie che aggravano la situazione.

• Mancanza di una legge di tutela specifica

Altri Paesi europei hanno già limitato o vietato la macellazione dei cavalli. L’Italia no.

• Controlli insufficienti

Non sempre viene verificata correttamente la tracciabilità o l’idoneità alla macellazione.

• Cavalli sequestrati = cavalli a rischio

Quando un cavallo viene sequestrato per maltrattamento, lo Stato deve occuparsi del suo mantenimento. Ma spesso non ci sono fondi.
In alcuni casi, l’unica soluzione prevista è il macello, se non intervengono associazioni o privati a offrire un’alternativa.


4. Un caso emblematico: Livorno

Un esempio concreto è quello riportato da OIPA, che ha denunciato la situazione di sei cavalli e sei maiali sequestrati nel livornese e comunque a rischio macello.
Senza posti disponibili nei rifugi e senza risorse pubbliche per mantenerli, la procedura standard prevedeva la macellazione.

Il caso mostra chiaramente come il problema non sia solo morale, ma anche strutturale: quando lo Stato non ha soluzioni, l’animale paga con la vita.

(OIPA è intervenuta con appelli e mediazione per trovare una via alternativa, ma non sempre è possibile farlo in tempo.)


5. Il passaggio dalla trazione alla macellazione

Un altro ambito critico è quello dei cavalli impiegati nella trazione animale, come le carrozze turistiche (“botticelle”).
Organizzazioni come OIPA portano avanti campagne per abolire questo sistema, non solo per il benessere sul lavoro, ma anche perché un cavallo sfruttato fino alla fine rischia di essere venduto al macello quando non è più “utile”.

Finché un cavallo è trattato come “mezzo”, la sua fine resta incerta.


6. Esistono alternative? Sì, ma sono poche

Le soluzioni possibili esistono, ma richiedono volontà politica, risorse e collaborazione.

• Riconoscere il cavallo come animale d’affezione

Significherebbe escluderlo per legge dalla filiera alimentare.

• Creare reti tra rifugi, associazioni e istituzioni

I pochi rifugi presenti fanno un lavoro enorme, ma da soli non possono affrontare il problema a livello nazionale.

• Incentivi per la custodia etica

Agevolazioni fiscali o contributi per chi adotta o mantiene cavalli anziani o non più “produttivi”.

• Maggiori controlli sulla filiera

Per evitare che cavalli non idonei finiscano comunque al macello o che vengano venduti tramite intermediari.


7. Il ruolo dell’informazione e della società civile

Molti cittadini non sanno che in Italia i cavalli possono essere macellati.
La mancanza di consapevolezza rende il problema invisibile e quindi difficile da risolvere.

Qui nasce l’importanza di progetti indipendenti di sensibilizzazione, campagne di pressione pubblica, petizioni e iniziative culturali.


8. Il contributo di “Cavalli Liberi”

Cavalli Liberi nasce proprio per questo: dare voce a una realtà ignorata e promuovere una cultura del rispetto verso i cavalli.

Non siamo un’associazione né un ente istituzionale, ma una cassa di risonanza che:

  • informa,
  • sostiene iniziative virtuose,
  • raccoglie fondi attraverso la vendita di bracciali solidali,
  • devolve una parte del ricavato a organizzazioni che operano sul campo (come OIPA, quando agisce in casi concreti).

L’obiettivo è creare una rete di persone consapevoli e attive, capace di fare pressione per cambiare le cose.


Conclusione

I cavalli finiscono al macello non per mancanza di valore, ma per un sistema che non offre alternative.
Leggi incomplete, costi di gestione elevati, carenza di strutture e poca informazione pubblica rendono la macellazione una soluzione “facile”, ma profondamente ingiusta.

Cambiare questa situazione è possibile, ma richiede:

  • consapevolezza,
  • pressione sociale,
  • sostegno alle realtà che intervengono,
  • diffusione della cultura del rispetto.

Ogni persona informata è un passo verso un futuro in cui nessun cavallo dovrà più pagare con la vita.

 

 

Torna al blog